Innesto gengivale: tecniche e aspetti post-operatori
In caso di recessione gengivale o problematica analoga a livello delle mucose, si rende spesso necessario un intervento di innesto gengivale: attraverso un prelievo e in seguito un innesto di tessuto connettivo da un’altra zona della bocca si può coprire con successo la superficie dentale eccessivamente esposta. In questo modo si può migliorare l’estetica e la salute della bocca con un semplice intervento di parodontologia.
Tale operazione di odontoiatria conservativa richiede una particolare attenzione ad alcuni aspetti di natura tecnica, tra cui la scelta del sito donatore di tessuto, ovvero l’area della bocca da cui si effettuerà il prelievo, e la stessa modalità di prelievo del tessuto. Decisivo è anche il decorso post-operatorio, per il quale occorre fornire al paziente precise istruzioni di comportamento, soprattutto per quanto riguarda l’igiene orale.
Innesto gengivale: una panoramica
L’innesto gengivale è una procedura chirurgica parodontale che prevede l’uso di innesti di tessuto connettivo per il rimodellamento delle gengive attorno a denti e impianti. L’operazione prevede l’utilizzo di tessuto connettivo, che deve quindi essere privato della parte epiteliale. Questo viene asportato dal sito donatore, ossia dal suo luogo originario, e reimpiantato in un sito ricevente.
Si ricorre all’innesto gengivale per ovviare a problemi di salute delle mucose quali le recessioni gengivali o i deficit di gengiva cheratinizzata. Il ritrarsi della gengiva, in particolare, si deve a diversi elementi, dalla parodontite e a fattori meccanici relativi allo spazzolamento dei denti.
In ogni caso, la recessione espone le radici del dente e comporta dunque diversi rischi, tra cui l’elevata sensibilità e una più alta probabilità di patologie e infezioni (su tutte la carie), oltre a costituire un inestetismo che rovina il sorriso del paziente; l’intervento, quindi, risolve sia un problema igienico-funzionale che estetico.
L’innesto non costituisce, di per sé, di un intervento di chirurgia orale invasivo o complesso, ma presenta alcuni aspetti delicati per l’operatore. È, infatti, una procedura che in genere dà buon esito, ma il cui successo dipende da diversi fattori, in particolare la scelta del sito donatore e della tecnica di prelievo, nonché la corretta gestione post-operatoria del paziente.
La conoscenza e l’analisi approfondita di questi aspetti e delle variabili che possono entrare in gioco nell’innesto gengivale, consente di ridurre lo stress clinico e minimizzare l’insorgere di complicanze intra-operatorie e post-operatorie.
La scelta dei siti donatori e delle tecniche di prelievo
Il primo lato critico è dunque la scelta del sito donatore. La decisione non è arbitraria, ma va presa al termine di una valutazione che tenga conto delle esigenze del sito ricevente, principalmente in termini di quantità e qualità del tessuto prelevato.
La scelta, infatti, dipende da spessore e volume del tessuto gengivale di cui vi è necessità di reimpiantare, nonché ovviamente dalla disponibilità anatomica del paziente. In particolare, occorre tener conto che nella maggior parte dei casi, per ricoprire delle recessioni gengivali o incrementare la banda di tessuto attorno agli impianti, la scelta può essere più libera, poiché la quantità di tessuto necessaria è minore; per altri interventi e procedure, come l’aumento della cresta alveolare, sono necessari quantità maggiori, da prelevare in aree specifiche.
I possibili siti donatori da cui è preferibile prelevare il tessuto, comunque, sono la tuberosità mascellare, le aree edentule e il palato; eventualmente il tessuto gengivale può essere ricavato anche dalle aree in cui è stato praticato un intervento di gengivectomia.
Quanto alle tecniche di prelievo, queste possono essere essenzialmente di due tipologie:
- prelievo connettivale. Comprende diverse sottocategorie (tecnica a botola, a incisioni parallele, a L, a incisione unica) sviluppate via via negli ultimi 50 anni, fin dalle prime escissioni di tessuto sperimentate;
- prelievo epitelio-connettivale. È la tecnica più diffusa, soprattutto per spessori palatali ridotti, sotto i 2,5 mm. Prevede prima l’asportazione del tessuto necessario e poi l’eliminazione del tessuto epiteliale superiore.
Le tecniche di prelievo connettivale, se non vengono eseguite correttamente, possono condurre a un esito di necrosi del lembo primario con guarigione per seconda intenzione; per questa ragione, è preferibile il prelievo epitelio-connettivale nel caso in cui la mucosa abbia uno spessore ridotto, così da garantire un decorso post-operatorio più favorevole.
Si può dire che non esiste una tecnica in assoluto più valida: occorre scegliere tra tutte le tecniche a disposizione in base alle condizioni anatomiche presenti e ad altri elementi correlati, come lo scopo della procedura chirurgica, la strumentazione a disposizione e, non ultima, la quantità di esperienza clinica dell’odontoiatra che opera.
Una volta prelevato il tessuto, si può procedere all’innesto sulla recessione alla radice; in seguito, l’innesto viene ricoperto utilizzando un lembo ricavato dalla zona apicale che si trova sopra la recessione, oppure dal tessuto laterale. In questo modo è possibile ottenere un risultato estetico soddisfacente e una guarigione a bassa morbilità.
Aspetti della gestione post-operatoria
Al di là della tecnica di prelievo e di innesto adottata, al termine della procedura chirurgica il dentista che ha operato dovrebbe sempre informare il paziente sulle buone pratiche che dovrebbe adottare dopo l’intervento. È opportuno anzi stilare una lista di regole e consigli per iscritto, che comprenda: le possibili complicanze, i disturbi cui si può andare incontro, le tecniche per mantenere l’igiene orale, le medicazioni necessarie, la dieta da osservare e altre indicazioni utili, come il contatto di un medico nello studio dentistico da chiamare per ogni evenienza.
Soprattutto deve essere raccomandata al paziente la necessità di mantenere l’igiene orale, esercitando un controllo sul biofilm batterico a livello chimico e meccanico (usando quindi spazzolino, dentifricio, filo interdentale, collutorio). Occorre spiegare come evitare traumi a causa dello spazzolamento nella zona interessata, come utilizzare comunque le eventuali protesi, e possibilmente prescrivere un collutorio ad azione specifica, in particolare uno contenente clorexidina.
Tra le complicanze più diffuse dell’innesto gengivale vanno annoverate il dolore (che in buona parte sparisce dopo i primi giorni che seguono l’intervento), l’infiammazione e il sanguinamento dei tessuti coinvolti, una temporanea perdita di sensibilità locale e in più (in base alla tecnica scelta e alla correttezza della sua esecuzione) anche la necrosi del lembo primario. L’esperienza dell’operatore gioca un ruolo primario nella possibilità di prevenzione di questi sintomi, che però dipendono anche dalla durata e dall’entità stessa dell’operazione.
Da ciò derivano le cure farmacologiche consigliate: gli studi suggeriscono il ricorso a una terapia antibiotica e, per il dolore, un analgesico o antinfiammatorio non steroideo (FANS, p. es. l’ibuprofene) come per un qualsiasi intervento di ortodonzia o implantologia.
Per la valutazione del decorso post-intervento occorre tenere sotto controllo a ogni visita, tra i vari parametri, il livello di ricomposizione della ferita sul palato, il rischio di infezione, le alterazioni a livello di sensibilità nel punto in cui si è prelevato il tessuto, ma anche lo stress del paziente e la sua attenzione alle prassi consigliate.